Ad Alba a far cioccolata

Hanno chiuso le porte delle loro case e lasciato i cortili deserti alla custodia del cane accucciato all’angolo. Le colline piano piano si sono spogliate mentre la loro gente scendeva giù, a salutare Michele. A raggiungere la fonte luminosa di quel faro che ha schiarito di onore e di orgoglio le grigie colline di un tempo e che ha indicato la rotta al destino di un popolo. Una luce estesa, che ha colorato dei toni della speranza e della certezza la discesa di uomini e donne di Langa verso Alba a far cioccolata. Qui da anni si mischia, la cioccolata con la terra: le giornate divise a cavalcare il galoppo dello stabilimento e poi la schiena dei versanti dove la zolla ti aspetta. Forse il lavoro in vigna, nel noccioleto o nel campo assume così un carattere speciale: la fatica smorzata dall’aroma dolce ancora nel naso, l’ombra gentile di quell’altra più grande famiglia, un sorriso nascosto che condivide l’affermazione dal tono mondiale. Lungo le nostre strade, i viaggi su quei bus a scendere e a salire avranno lo stesso sapore gustato da alunni: la sensazione certa che qualcuno ti vuole, ripagata stavolta da un obbligo felice di dover andare. Perché quelle corriere color supercrema sono state fin dall’inizio un segno inequivocabile: non soltanto organizzazione imprenditoriale ma uno sguardo sociale e comunitario. Ciò che il futuro ha poi allestito, una grande struttura collettiva che ha legato indissolubilmente la città con le colline, anche le più lontane. Le stesse colline sorvolate nel tramonto di qualche mese fa un’ultima volta da Michele, diretto al suo buen retiro che stavolta è oltre il mare, dietro le porte di un cielo profondamente cristiano.