L'estate all'osso

Mentre facoltose e distinte mandibole si accomodano ai tavoli dei ristoranti più o meno stellati disseminati nelle nostre Langhe, su piazze e cortili è in pieno svolgimento il rito estivo della “costinata”: liturgia capace di allineare centinaia di commensali coi gomiti appoggiati a lunghi tavoli, riuniti nella collettiva preghiera a mani unte, che prevede l’azzanno alle morbide carni di maiale. E non è affronto a chi si nutre solamente di verdure, ma piuttosto atto dovuto alla tradizione popolare. Se nelle cucine firmate si muovono brigate di bianco vestite impegnate nella creazione di piatti per stupefacenti menu, squadriglie di “carnaioli” si spostano itineranti di festa in festa sulle colline, sfidandosi a suon di cotture, interpretando nel modo migliore la gara per il traguardo da raggiungere: la completa nudità dell’osso tra le mani del banchettante. Poco importano i salumi o altri antipasti che precedono i pesanti vassoi: son solo evanescenti alimenti di un’attesa protesa al piatto forte, che solitamente viene riproposto fin allo sfinimento, riempiendo il caldo stomaco della notte complice l’annaffio di ogni vino. La “costinata” è patrimonio dell’estività, da sempre oasi di delizia e dettaglio consistente nell’annuale torrido attraversamento, e nei goliardici assembramenti serali trova nel pesce o nella “raviolata”una timida rivalità, anche se a volte s’affaccia clandestino avversario più pericoloso: il fritto misto piemontese che, come la polenta, capita sconfini dalle stagioni fredde ed allora tutti si inchinano al passaggio della regale dorata sequenza, infinita e pirotecnica progressione di portate. Potrebbe sembrare parodia, ma è semplicemente appetito.