Sorridenti Sorì

Un sorì è cosa preziosa, ce lo ricorda spesso anche Renzo Tablino quando in mano ha un bicchiere di quello buono. Un versante di terra che sfacciato si rivolge al sole vendemmiandone la miglior energia vitale di luce e di calore. E’ una bianca finestra spalancata, una pagina in bilico, un accordo in maggiore, un sorriso aperto, una terrazza che scende sul mare, un affaccio su ciò che rimane ma anche un’arrampicata, un corpo da scalare con delicata attenzione. Se sfida troppo l’equilibrio va scavato a cercare il piano, per poggiare il piede e salire come in parete di montagna. In Langa a volte s’è modellato a gradoni come in certe fasce liguri che accolgono l’olivo, così sopra Cortemilia è lo spettacolo: la disperata attenzione che l’uomo ha condotto nello sposalizio con la terra. Il fianco, che si prende il cielo dell’est e del sud, è muso secco e asciutto e tende all’onda del destino come prua di nave che veleggia nella giostra dei suoi venti. Brezze e vortici qui se ne infischiano e si mischiano a correnti ascendenti che escono dal cilindro del vuoto di valle. Perché ogni sorì ha una sua valle. Che domina, invoca e a volte minaccia. Se lo si abbandona nudo, piange le lacrime di tutti. Ma nel corpo sodo e vigoroso i suoi muscoli restano tesi se vestiti con abito di vigna, di nocciole o di bosco e ogni suo frutto è un dono prezioso senza prezzo. I filari che lo trafiggono per l’uva ne certificano oggi i vigneti eroici: aggettivo rubato al paziente andare di mille uomini nel saliscendi della loro vita passata su questa schiena, che rotola ogni cosa e rappresenta da sempre l’emporio naturale di ogni cascina per il boccone quotidiano.